L’orologio dello skipper e il noleggio barche a vela
L’identità ritrovata
“… al caffè infine Franco, lo skipper, le disse: “Ti darò Arca, è quella barca laggiù” e le indicò dalla finestra una bellissima 34 piedi, iniziando a descriverne le caratteristiche con grande passione: ‘ ha una Randa con tre mani terzaroli, un fiocco grande con UV… e il fiocco piccolo e la tormentina; c’è poi lo spinneaker e il tangone con circuito SPI…”
Sabato mattina: trovare un noleggio barche a vela
Sul comodino il suo orologio Swiss made segnava le 9 e 17 minuti precisi. Precisi come solo un orologio svizzero può fare.
Il cellulare suonò quel motivetto a lei tanto caro che annunciava Giovanna, l’amica del cuore.
Violet alzandolo disse subito:
“Ti ha già lasciato? Ti devo venire a prendere all’aeroporto?”
Dall’altra parte una voce affettuosamente indispettita replicò:
“Stronza, no…” e poi preoccupata: “Volevo solo sapere se avevi chiamato tuo cugino Carlo per chiedergli di accompagnarti. Ti ripeto che non è una buona idea andare in barca da sola!”
“Ok, ok,” rispose Violet “me lo hai già detto, non mettermi ansia! So ancora badare a me stessa, e poi la vita è la mia. Tu piuttosto non fare come…” si interruppe e poi finì la frase con “bacio, ci sentiamo sabato prossimo.”
“Perfetto! Stai attenta, e chiamami quando arrivi. Ciao.” concluse la telefonata Giovanna.
Ebbene sì, Violet aveva deciso che quel sabato mattina non sarebbe andata come al solito in azienda, ma si sarebbe presa un intero weekend per sé, tutto per sé.
Con indosso ancora il pigiama, aveva aperto il suo mac e si era messa a cercare su Google:
oggi tempo barca
Cliccò sul primo risultato dopo gli annunci e si ritrovò su un sito che presentava un orologio in bronzo marino, cinturino gommato nero, subacqueo, 30 ATM.
Il marchio “Arcaido”, che non aveva mai sentito, proponeva “Primo”: l’orologio svizzero personalizzabile.
In pratica ci puoi mettere il tuo nome, renderlo unico con una scritta a tua scelta da apporre sul quadrante, sul cinturino o su entrambi: una vera e propria affermazione di identità.
L’azienda è italiana, vicino a Venezia. “Creativi questi italiani” pensò, “potrei fare una cosa simile con i nostri profumi e proporla al T-Rex” (T-Rex era il modo con cui appellava il suo boss) “e sottolineando che l’idea non è mia, probabilmente sarà più propenso a prenderla in considerazione” disse fra sé e sé mentre faceva una smorfia con la bocca scrollando lievemente il capo, poi tornò alla chiave di ricerca per capire cosa avesse sbagliato, aveva scritto:
oggi tempo arca
… guarda una semplice “b” in meno cosa può fare su internet.
Corresse e continuò a cercare.
In Viaggio verso il mare
Un’ora e 13 minuti più tardi aveva tutte le informazioni che le servivano: aveva trovato un noleggio barche a vela e, caricata la macchina, era partita per il suo weekend “dimentica-lavoro”.
Si era ripromessa di non pensare a quanto successo in ufficio il giorno prima, ma per quanto cercasse di concentrarsi sulla guida o di occupare la mente con cose assurde come elencare i nomi di tutti i nodi che conosceva,
1 nodo bandiera
2 nodo ancorotto
3 nodo di ormeggio
4 nodo parlato
5 …
quel pensiero tornava a remarle in testa, e il numero di colpi saliva, ancora e ancora.
Raffiorava quel senso di delusione, di rammarico per tutte le ore perse, ma soprattutto era arrabbiata verso se stessa che si era dimostrata senza carattere, non aveva avuto il coraggio di far valere le proprie idee; anzi, se le era fatte rubare e aveva subíto tutto ciò senza dire nulla, tesa come la randa fra il boma e il picco.
Così, mentre si rivedeva in quella scena, i suoi muscoli contratti avevano aumentato la pressione del piede sull’acceleratore, la velocità era salita, la guida era diventata più nervosa e infine si trovò in corsia di sorpasso con a destra un autotreno e di fronte, in senso contrario, un autobus della scuola, quelli gialli, impossibili da non vedere.
I due clacson urlanti, che le accesero l’adrenalina in corpo, la riportarono di colpo nel mondo reale, giusto in tempo per accelerare, sterzare ed evitare una catastrofe.
Da Franco: noleggio barche a vela
Due ore e qualche minuto dopo, nonostante il sole, la vista rilassante del mare e i dolci tornanti che la accompagnavano a scendere sulla scogliera, Violet non era riuscita a calmarsi.
Non solo era innervosita dal fatto di aver dimenticato a casa il suo orologio, ma le stava crescendo l’ansia di aver sbagliato strada: troppi tornanti, troppi saliscendi… non le sembrava più possibile raggiungere quel luogo visto su internet.
Erano tornate a tormentarla anche le parole di Giovanna:
“faresti meglio a chiamare Carlo per farti accompagnare”,
quando, d’un tratto, attraversata una galleria, le apparve la piccola darsena, le barche colorate e una casa in legno con un’insegna che riportava in grande la scritta:
“da Franco, noleggio Barche a Vela” e poi, sotto, “Macte Animo!”.
Era arrivata.
L’avevano colpita quella frase in latino e le foto esposte sul sito in internet, ma lì, ora, dal vivo, quel luogo le sembrava ancora più bello.
Nel breve tratto dal parcheggio al piccolo portico della casa, camminò incantata annusando come un cane gli odori dell’aria e sincronizzando la sua andatura con il suono delle onde che venivano dal mare.
Le venne così quel passo, come quando lo faceva da bambina.
Le erano riaffiorati alla mente i ricordi delle gite in barca fatte con il padre, che l’aveva fatta innamorare della vela e del suo motore: il vento; sentirlo, annusarlo, seguirlo.
L’andare a vela era qualcosa che da allora le era rimasto dentro, che aveva ormai nel sangue… qualcosa di irrinunciabile.
Una voce profonda ma gentile la risvegliò dai suoi pensieri.
“Buon giorno, posso esserle d’aiuto?”
“Ah! Buon giorno” sussultò, “scusi, non l’avevo sentita arrivare, ero così presa … “
indicò con un gesto della mano il paesaggio circostante
“è bellissimo… veramente! Si, ecco… mi chiamo Violet e vorrei noleggiare una barca, una piccola barca a vela”.
“E’ nel posto giusto, io sono Franco, il proprietario. Piacere!” e le tese la mano.
La mano forte, il volto abbronzato, Franco si presentava con un sorriso disarmante, di quelli che ti mettono subito a tuo agio.
Sembrava tutto tranne un ingegnere quale poi le raccontò di essere, quindici anni di lavoro nei cantieri navali all’estero, ma poi il richiamo della sua terra e delle sue radici avevano avuto il sopravvento e quel suo sguardo vivo e azzurro raccontava quanto fosse felice di quella scelta.
Fisico asciutto, cinquant’anni, da quasi otto gestiva il suo noleggio di barche a vela, proponendosi anche come skipper per chi voleva una guida sicura.
Altra passione, la sua lamborghini gialla che si intravvedeva appena spuntare dal garage dietro casa.
Era l’ora in cui di solito Violet faceva pausa al lavoro e l’invito a pranzo di Franco fu subito accettato.
Parlarono per tutto il tempo, di molte cose; ma soprattutto parlò lei.
Violet mostrò la sua patente nautica e Franco, con delicatezza ma con molto scrupolo, tra i discorsi si accertò delle sue competenze e la lasciò raccontare, ascoltandola.
Giunti al caffè, le disse: “Ti darò Arca, è quella barca laggiù” e le indicò dalla finestra una bellissima 34 piedi, descrivendola nei minimi dettagli: sottolineò la presenza di ben 4 winches, del pilota automatico, del rollafiocco, del rollaranda, del GPS plotter, dell’echo Garmin, della stazione del vento e delle molte altre cose di cui un uomo di vela ama parlare.
“E’ troppo grande,” disse Violet “non ho mai portato una barca così grande da sola, non credo di essere in grado…”
ma lui la interruppe: “Lo sei perfettamente, credimi!”
Poi tirò fuori dalla tasca un orologio e, chiedendole il permesso, glielo allacciò al polso: “Vedi, sul quadrante ho fatto stampare la stessa scritta dell’insegna lì fuori: è latino, significa: ‘Coraggio’; l’orologio è svizzero, ideato da italiani, e si chiama Primo …, sai… c’è sempre una prima volta!
Sono sicuro che me lo riporterai assieme ad Arca”.
Violet restò in silenzio un lungo attimo, fissando il suo polso: quell’orologio, quella scritta sul quadrante, mentre le parole di Franco le rimbalzavano fra le orecchie.
Al “Grazie!” che infine pronunciò riconoscente, Franco rispose con un sorriso e per toglierla dall’imbarazzo cominciò a parlare di come organizzare la partenza.
In barca
Dopo meno di un’ora, uscita dal piccolo porto, Violet andava di randa.
Al crescere del vento cresceva il suo sorriso e cazzato il fiocco Arca cominciò a filare veloce sulle lunghe onde di tramonto.
Non incontrò nessuno quella sera, tranne un piccolo peschereccio che rientrava: veniva da dritta, aveva la precedenza e Violet dovette accostare di circa 20 gradi per dargli acqua.
Poi arrivarono le nuvole a velare la piccola falce di luna, e tolsero quasi completamente la vista.
Il buio rendeva il posto irreale: Violet non scorgeva più la costa, le uniche fonti di luce erano quelle della barca e gli indici e le lancette, illuminati di verde, di quell’orologio che ogni tanto guardava.
Ora era sola: in mare, di notte, tranquilla.
Alle prime luci dell’alba, proprio quando si accorse di aver da poco oltrepassato il punto di ritorno prestabilito, ecco il regalo: il vento si ferma, il mare diventa piatto come l’olio.
Violet cala l’ancora e si concede quattro ore di sonno in coperta, dentro al suo sacco a pelo, cullata da un leggero beccheggio.
Poi il rientro, con il mare che via via si fa più grosso, il vento più forte, il fiocco e la randa gonfi spingono la barca che taglia l’acqua inclinandosi su un lato.
Violet è ora attenta, le sue decisioni pronte, le manovre sicure.
Nell’ultima mezz’ora di navigazione il vento cambia ed è costretta di bolina, ma il porticciolo ormai è lì, davanti a lei: ancora poco e ormeggia. E’ arrivata!
Domenica sera
“Allora come è andata?” disse Franco che l’accolse sotto il portico.
“Arca è una gran barca, è stato fantastico ed ecco il tuo orologio, grazie di nuovo!” rispose Violet, togliendoselo dal polso.
Franco lo mise in tasca come era solito fare prima di mettersi a tavola.
“Entra” disse “sarai affamata! Ho preparato qualcosa”.
Durante la cena lei raccontò tutti i particolari della navigazione, con grande energia quasi si fosse appena svegliata dopo una lunga riposante nottata: sembrava persino diversa, e i suoi occhi luccicavano mentre parlava.
Violet pretese di spreparare la tavola e lavare i piatti, poi sistemò i conti con Franco e accettò la sua offerta di dormire a bordo di Arca, sottocoperta, almeno qualche ora, prima di ripartire.
I due si salutarono sotto il portico con un abbraccio: non si sarebbero visti l’indomani.
Nel tratto dalla casa al molo, Violet camminò rilassata, quasi senza pensare a nulla, se non fosse per quel soffitto illuminato che stava ammirando, sopra di lei.
Salì in barca e dormì profondamente, come da tempo non le capitava.
La partenza
Si alzò all’alba, erano quasi le cinque, caricò la macchina, poi guardò ancora una volta Arca, che le sembrò annuisse con la prua, come il Maestro con l’allievo dopo la prova riuscita; e poi partì.
Al ritorno la strada le sembrò meno tortuosa, anzi quasi diritta, lineare, tanto da avere il tempo ogni tanto di riguardare sul cellulare, tra le tante scattate, due foto: una riprendeva l’insegna, e l’altra l’orologio di Franco, entrambe con quella scritta, quell’incitamento:
“Macte animo!”
A.M.
L’orologio dello skipper “Primo Arcaido” lo puoi trovare seguendo il link qui sotto, dove avrai la possibilità di scaricare gratuitamente tutte le informazioni relative al prodotto, al marchio e all’azienda che lo ha creato.